Riprendendo parzialmente la terza puntata di Pulse, la rubrica musicale di Next-Station.org di cui sono tenutario, parlo di The Mission, la gothic band inglese che ha attraversato il panorama musicale internazionale da metà ’80 fino all’inizio di questo millennio.
I concerti che ho visto di questo gruppo sono stati molteplici; m’interessava in questa sede, invece, fare un piccolo rimando alla reunion della formazione originale in occasione del 25ennale della sua fondazione, sfociata nel concerto del 22 ottobre del 2011 durante una serata memorabile, in cui hanno suonato come gruppo di spalla i loro vecchi amici Fields of the Nephilim.
Il concerto è stato performato al Brixton Academy di Londra e la mia unica missione ora è parlarvi delle emozioni che dopo tanto tempo i vecchi componenti dei Mission hanno saputo donare; poche note, poche suggestioni scritte, le mie:
La parte musicale era composta di un gotico depurato dalla sezione elettronica dei Sisters of Mercy, di cui alcuni degli stessi Mission erano membri: un suono molto arpeggiato di chitarra e basso, tastiere pressoché assenti; l’idea del crepuscolo era ben presente nelle loro melodie e la freschezza dei suoni tutto sommato può dirsi mantenuta se nel computo non mettiamo, però, la moderna musica elettronica in tutte le sue forme e declinazioni. Ecco, forse il peccato originale dei Mission è stato quello di non aver continuato a sviluppare le idee avveniristiche di Eldritch (il leader dei Sisters) ma di averle cassate a favore di un ritorno al passato, giusto perché romantico. Scelta che si è dimostrata errata perché l’operazione ha adesso il sapore di un rifacimento di qualcosa già morto, un cliché che sì, forse serviva più che altro a vendere. I Mission incisero, infatti, pezzi buoni soltanto nel disco successivo (alcuni brani, non tutti), mentre nel terzo le loro sonorità pop erano già notevolmente evidenti e preponderanti.
Questo è quanto si può dire dei Mission, e sfido a non trovare elementi connettivisti nel loro rimandare al passato che può essere un richiamo, a sua volta, al futuro, un continuo mordersi la coda dove l’accaduto fa da comburente all’avvenire, dove i rimandi vengono rielaborati in chiavi rinnovate fino a rendere l’amalgama delle impressioni umane fertile humus postumano: il suono come una suggestione delle ombre del futuro, in perfetto stile cybergoth…
Non ritrovate tutto ciò nel video qui sotto?