Dei giorni scorsi sono due notizie alquanto interessanti per gli appassionati di informatica e di elettronica, soprattutto per quanto concerne i potenziali sviluppi futuri della tecnologia dell’informazione.
Nel 2008 si cominciò a parlare anche qui da noi di spintronica, una nuova branca dell’elettronica quantistica il cui campo di applicazione più promettente sembrava essere proprio nel settore dei processori quantistici. Su Fantascienza.com ne parlammo diffusamente, per cui rimandiamo a quell’articolo chiunque volesse approfondire l’argomento. Forti degli studi avviati dai ricercatori dell’Università della California di Santa Barbara, sede del Center for Spintronics and Quantum Computation, dalla loro collaborazione con i colleghi del Politecnico di Delft (Paesi Bassi) e della Iowa State University è nato il prototipo funzionante di una nuovissima classe di processori, che dimostra la fattibilità di computer quantistici allo stato solido. Sicuramente è presto per pensare a una produzione commerciale: stiamo solo muovendo i primi passi verso la nuova frontiera della computazione, ma il risultato raggiunto dagli scienziati dei tre istituti summenzionati dimostra che la direzione è quella giusta.
Il prodotto delle loro ricerche è costituito da un substrato di carbonio cristallino al cui interno sono confinati due qubit (ovvero bit quantistici, le unità di base dell’informazione quantistica), realizzati rispettivamente da un nucleo di azoto introdotto come impurità nel diamante e da un elettrone presente in un altro difetto della struttura. In particolare l’informazione è rappresentata dal loro spin, vale a dire il momento angolare intrinseco o, più intuitivamente, il verso di rotazione del nucleo e dell’elettrone. Questa proprietà delle particelle subatomiche si presta a un’applicazione utile nel campo della computazione quantistica. Il principale degli effetti collaterali con cui occorre fare i conti quando si maneggiano unità di informazione quantistiche è infatti la decoerenza, ovvero il progressivo deterioramento prodotto dalle «interferenze» dell’ambiente esterno sull’informazione immagazzinata nei qubit, e il relativo brevissimo intervallo di tempo in cui essi risultano pertanto manipolabili. La tecnica classica prevede un raffreddamento del sistema a temperature prossime allo zero assoluto (-273,15 gradi Celsius), per ridurre le interazioni con l’esterno congelando di fatto il sistema lontano dal rumore ambientale. Tale processo è però comprensibilmente costoso ed è improbabile pensare a una sua applicazione in dispositivi prodotti su scala commerciale. La soluzione proposta con la spintronica sembra invece molto più facile da realizzare tecnicamente. Il nucleo di azoto, pur essendo un qubit più lento, presenta una certa stabilità rispetto alla decoerenza, che ne preserva lo stato per un tempo sufficientemente lungo da renderne possibile l’utilizzo in processi di elaborazione. L’elettrone rappresenta invece un qubit più veloce, ma è anche maggiormente esposto agli effetti della decoerenza. I ricercatori hanno ideato un espediente per “schermarlo” utilizzando degli impulsi a microonde.
Testato su un problema di ottimizzazione, come la ricerca di una particolare occorrenza all’interno di un database, il processore spintronico avrebbe ottenuto il risultato giusto al primo colpo nel 95% dei casi, un risultato sensibilmente superiore a quello che sarebbe stato lecito aspettarsi da un processore classico basato su un algoritmo di ricerca tradizionale (che avrebbe avuto una sola probabilità sul numero complessivo di elementi della base di dati). Un risultato, secondo gli autori della ricerca pubblicata su Nature, sufficiente a dare ragione del comportamento quantistico del loro prototipo.
Secondo molti esperti, proprio campi specifici come l’ottimizzazione o la crittografia rappresenterebbero il terreno più fertile per le applicazioni dei futuri processori quantistici, che quindi finirebbero per soppiantare i processori tradizionali soprattutto nel settore dei dispositivi special purpose, ovvero progettati per assolvere a compiti complessi ma specifici. Un gruppo di ricerca del Max Planck Institut di Garching (Germania) attivo nell’Ottica Quantistica ha invece già pensato a una possibile rete quantistica. Non dobbiamo tuttavia confondere il loro risultato con il progetto di quantum network avviato a Durban, in Sudafrica, dal Centre for Quantum Technology della locale Università del KwaZulu-Natal e basato sulla crittografia quantistica delle informazioni scambiate dalle strutture pubbliche della municipalità di eThekwini, connesse sulla metropolitan area network (MAN) della città. Lo scopo della ricerca eseguita al Max Planck non si limita alla crittografia, ma ambisce a creare una rete come quelle su cui si basa quotidianamente la nostra comunicazione e interazione remota, ma interamente basata su tecnologie quantistiche.
La rete quantistica implementata a livello prototipale dagli scienziati di Garching consiste infatti in due nodi multifunzione collegati da una fibra ottica e capaci di trasmettere, ricevere e archiviare informazioni quantistiche. I nodi sono costituiti da atomi di rubidio intrappolati in cavità ottiche riflettenti: lo stato quantistico di ciascun atomo rappresenta il qubit. Accoppiando tramite entanglement quantistico lo stato di un nodo a quello di un fotone trasmesso attraverso la fibra si realizza lo scambio di informazione con l’altro nodo. Per il momento il prototipo di rete occupa i laboratori dell’istituto e i nodi distano tra loro 21 metri e sono collegati da una fibra ottica lunga 60 metri, ma non ci sono limiti alla scalabilità dell’applicazione. “Stiamo cercando di costruire un sistema in cui il nodo è l’elemento universale”, spiega Stephan Ritter, coautore dello studio pubblicato su Nature. “Non solo è in grado di inviare e ricevere: in linea di principio potrebbe fare tutto ciò che ci si può immaginare”. Il che significherebbe informazione scambiata velocemente e altrettanto velocemente processata, ma soprattutto comunicazione sicura.
Siamo davanti a due significativi passi in avanti nella strada verso la prossima rivoluzione tecnologica che investirà i campi dell’elettronica e dell’information technology. Ne seguiremo gli sviluppi, tenendo come sempre le nostre antenne ben puntate sulle sorgenti del futuro.